“Penso che la mia malattia sia arrivata perché ho vissuto troppe relazione complicate, mi sono stressata e le mie difese immunitarie si sono abbassate”. Questa frase mi è stata detta da una cliente durante un percorso di Medical Coaching. Una frase potente, significativa e molto umana.
Racchiude una delle convinzioni più comuni e più dolorose che emergono nei momenti di vulnerabilità: l’idea che la malattia sia una punizione o una conseguenza delle proprie scelte sbagliate.
Le credenze limitanti nella malattia
In un percorso di coaching le credenze a volte emergono gradualmente e possono restare a lungo sotto traccia.
Nel Medical Coaching, però, capita spesso che queste credenze, soprattutto quelle legate alla causa della malattia, si manifestino con maggiore chiarezza fin dall’inizio.
Questo accade perché il tema della malattia tocca profondamente l’identità, il senso di colpa e il bisogno di controllo.
Domande come:
“Perché è successo a me?”
“Cosa ho fatto per meritarmelo?”
“Avrei potuto evitarlo?”
ricorrono spesso.
E quando non troviamo risposte, la mente crea delle narrazioni che nel tempo diventano delle vere e proprie credenze.
Queste credenze nascono spesso come tentativi di recuperare un senso di controllo in un’esperienza che ci fa sentire in balia dell’incertezza.
Ma possono trasformarsi in fardelli emotivi che appesantiscono il percorso di cura e compromettono la fiducia in sé stessi.
Nel Medical Coaching di solito ne emergono tre tipologie:
1. Credenze sulla causa
“La mia malattia è una punizione.” “Mi sono ammalata perché ho lavorato troppo, ero sempre disponibile e ho messo da parte me stessa.” “Non mi sono presa cura di me e il mio corpo ha ceduto”
2. Credenze sul significato
“La malattia è nel mio DNA, era inevitabile.” “È un destino che si ripete nella mia famiglia.” Mi sono ammalata perché una donna su tre soffre di questa patologia”
3. Credenze sull’identità
“Sono stata irresponsabile, e ora ne pago le conseguenze.” “Questa malattia è qui per insegnarmi a dare il giusto valore alle cose e ad essere me stessa”.
Nel Medical Coaching, queste credenze non vengono giudicate né corrette di fretta. In questi casi, il coaching diventa uno spazio protetto dove:
Riconoscere queste credenze senza giudizio
Comprendere da dove nascono e a cosa servono
Trasformarle in visioni più utili, compassionevoli e potenzianti
Una nuova narrazione è possibile
Tornando alla mia cliente, quella frase iniziale, così carica di senso di colpa, è diventata col tempo una lente nuova per rileggere la sua esperienza.
Ha scelto di lavorare sulle sue relazioni, di escludere quelle che non le facevano bene e soprattutto di chiedere aiuto, qualcosa che prima considerava un segno di debolezza.
Quella credenza iniziale magari non è scomparsa, ma ha smesso di essere bloccante. È diventata un invito ad ascoltarsi e a scegliere in modo più autentico.
Una riflessione aperta
Forse le credenze che emergono nel percorso di malattia nascono proprio lì: nel tentativo di colmare un vuoto, di dare un senso a qualcosa che ci ha travolti. Ci raccontiamo delle storie per proteggerci, per cercare equilibrio. Alcune ci aiutano, altre ci bloccano.
Ma dove finisce la ricerca di senso… e dove inizia una convinzione che ci limita?
Ti va di condividere la tua esperienza o riflessione nei commenti?
Hai mai sentito emergere una credenza simile nel tuo percorso di cura o in quello di una persona vicina?



